8 novembre
Lo ammetto, stavolta avevo grandi aspettative.
Nonostante il giovedì sera, nonostante il nostro essere estranee alle reti di impegno sui temi di genere, nonostante la spinosità dell'argomento, nonostante tutto ero convinta che l'urgenza fosse sentita di più, ero convinta che saremmo state tante l'8 novembre alla Casa Petrarca a Incisa in Valdarno per parlare di violenza sulle donne ed ero certa che qualche maschio sarebbe apparso, che il disagio che sento nel profondo ad ogni nuova terribile notizia fosse diffuso, condiviso e che questa potesse essere vissuta da molt* come un'occasione di cominciare a cercare soluzioni partendo dal sé, e invece no.
Poche ma buone e molto ben intenzionate, alla fine è stato uno degli incontri più interessanti del ciclo Il Nodo e la Forbice: è uscito il cuore pulsante della sofferenza, della stretta allo stomaco che prende ogni donna (e, spero, ogni persona) ogni volta che, di nuovo, scorre sangue femminile, della necessità di capire, e anche di cercare strade che vadano oltre la denuncia, l'intervento della forza pubblica perché non succeda più, non solo per punire i colpevoli.
E allora abbiamo scelto di ascoltarci, di dare spazio al nostro di dolore, alla violenza che anche noi abbiamo subito, anche solo negli sguardi che accompagnano un'adolescente in minigonna, alla miseria di chi quegli sguardi, orgogliosamente, ce li fa subire.
Ne sono usciti momenti commoventi ed altri di gioco e ironia e, in me, la convinzione che senza un deciso sostegno dei maschi poco si potrà fare.
Già me lo sentivo prima, e infatti avevo fatto girare fra i miei contatti questo appello che vorrei continuasse a trovare lettrici femmine perché scelgano di aprire altri spazi di confronto che non siano solo sfogo di rabbia e frustrazione ma anche possibilità di compassione (nel senso etimologico del termine) e ricerca di quella profonda verità umana che accomuna maschi e femmine, riconoscimento della comunione del dolore unica vera via d'uscita. Eccolo:
Buongiorno,
scusate l’intrusione, forse prolissa, ma proprio non riesco a resistere. La strage di donne che sta avvenendo in Italia mi tocca profondamente e, purtroppo, ho spesso modo di vedere che anche dove non si arriva all’omicidio (vedete, non c’è nemmeno la parola per l’uccisione di una donna), troppe volte le donne, anche vicino a me, sono vittime di vari tipi di violenza. Mi sono convinta che l’unica possibilità di cambiamento reale di questo stato di cose sia una modifica del modo in cui nella nostra cultura guardiamo maschi e femmine, a partire dall’infanzia.
Mi ha molto colpito Ezio Aceti (uno psicologo che si occupa soprattutto di educazione) quando, dopo una chiacchierata su questo tema a pranzo con me e altri, nel corso del seminario che stava tenendo ha sottolineato con veemenza (ed è dir poco) quanto sia importante che oggi i padri si prendano un posto nella vita e nell’educazione dei propri figli, quanto le madri abbiano la responsabilità di lasciare spazi e quanto non siano certo le donne a poter dire agli uomini come si fa il padre e io direi nemmeno come si fa l’uomo.
E’ questo che va (ri)definito superando stereotipi e 'dover essere' che sono gabbie e trappole distruttive per le donne come per gli uomini.
Questa costruzione è un lavoro lungo e difficile ma urgente ed essenziale e per arrivare ad un risultato ci vogliono mille e mille occasioni di ascolto e confronto come quella a cui vi invito il prossimo 8 novembre alle ore 21 alla Casa Petrarca a Incisa in Valdarnohttps://www.facebook.com/events/457154940989242/.
Vi chiedo con il cuore aperto di essere presenti e di diffondere il più possibile l’invito allegato unito, se credete, a questo appello. Se siete troppo lontani per partecipare vi invito ad organizzare o partecipare ad eventi simili.
Qualcuno ne è stato toccato e infatti un ottimo frutto è stato anche questa intervista.
Ora c'è da sperare che i maschi riescano a superare timori e ritrosie, la paura di finire ad essere capro espiatorio, per imbarcarsi in questa avventura. Sono talmente convinta della necessità di intraprendere questo percorso di liberazione dalla violenza (e, prima ancora, di riconoscimento del dolore di ogni parte in causa) che ho pensato di avviare una cosa tipo “Madri di Plaza de Mayo”: un appuntamento mensile (settimanale non ce la faccio), stesso giorno, stesso luogo, stessa ora, in silenzio, con l'impegno ad accogliere col cuore aperto chi col cuore aperto arriverà, finché la maggior parte non saranno maschi, per lasciare loro la parola su di sé, sul proprio sentire. Eppure ci proverò, dovessi metterci cent'anni!
Intanto a Milano qualcosa si muove: 21 e 22 Nov 2012 - "Le parole non bastano. Donne e uomini contro la violenza maschile sulle donne". Il primo giorno di convegno, vabbè, dicono tutti che se non si sa cosa si muove in giro non se ne puo' parlare... Confido nel secondo giorno di discussione libera.
Nonostante il giovedì sera, nonostante il nostro essere estranee alle reti di impegno sui temi di genere, nonostante la spinosità dell'argomento, nonostante tutto ero convinta che l'urgenza fosse sentita di più, ero convinta che saremmo state tante l'8 novembre alla Casa Petrarca a Incisa in Valdarno per parlare di violenza sulle donne ed ero certa che qualche maschio sarebbe apparso, che il disagio che sento nel profondo ad ogni nuova terribile notizia fosse diffuso, condiviso e che questa potesse essere vissuta da molt* come un'occasione di cominciare a cercare soluzioni partendo dal sé, e invece no.
Poche ma buone e molto ben intenzionate, alla fine è stato uno degli incontri più interessanti del ciclo Il Nodo e la Forbice: è uscito il cuore pulsante della sofferenza, della stretta allo stomaco che prende ogni donna (e, spero, ogni persona) ogni volta che, di nuovo, scorre sangue femminile, della necessità di capire, e anche di cercare strade che vadano oltre la denuncia, l'intervento della forza pubblica perché non succeda più, non solo per punire i colpevoli.
E allora abbiamo scelto di ascoltarci, di dare spazio al nostro di dolore, alla violenza che anche noi abbiamo subito, anche solo negli sguardi che accompagnano un'adolescente in minigonna, alla miseria di chi quegli sguardi, orgogliosamente, ce li fa subire.
Ne sono usciti momenti commoventi ed altri di gioco e ironia e, in me, la convinzione che senza un deciso sostegno dei maschi poco si potrà fare.
Già me lo sentivo prima, e infatti avevo fatto girare fra i miei contatti questo appello che vorrei continuasse a trovare lettrici femmine perché scelgano di aprire altri spazi di confronto che non siano solo sfogo di rabbia e frustrazione ma anche possibilità di compassione (nel senso etimologico del termine) e ricerca di quella profonda verità umana che accomuna maschi e femmine, riconoscimento della comunione del dolore unica vera via d'uscita. Eccolo:
Buongiorno,
scusate l’intrusione, forse prolissa, ma proprio non riesco a resistere. La strage di donne che sta avvenendo in Italia mi tocca profondamente e, purtroppo, ho spesso modo di vedere che anche dove non si arriva all’omicidio (vedete, non c’è nemmeno la parola per l’uccisione di una donna), troppe volte le donne, anche vicino a me, sono vittime di vari tipi di violenza. Mi sono convinta che l’unica possibilità di cambiamento reale di questo stato di cose sia una modifica del modo in cui nella nostra cultura guardiamo maschi e femmine, a partire dall’infanzia.
Mi ha molto colpito Ezio Aceti (uno psicologo che si occupa soprattutto di educazione) quando, dopo una chiacchierata su questo tema a pranzo con me e altri, nel corso del seminario che stava tenendo ha sottolineato con veemenza (ed è dir poco) quanto sia importante che oggi i padri si prendano un posto nella vita e nell’educazione dei propri figli, quanto le madri abbiano la responsabilità di lasciare spazi e quanto non siano certo le donne a poter dire agli uomini come si fa il padre e io direi nemmeno come si fa l’uomo.
E’ questo che va (ri)definito superando stereotipi e 'dover essere' che sono gabbie e trappole distruttive per le donne come per gli uomini.
Questa costruzione è un lavoro lungo e difficile ma urgente ed essenziale e per arrivare ad un risultato ci vogliono mille e mille occasioni di ascolto e confronto come quella a cui vi invito il prossimo 8 novembre alle ore 21 alla Casa Petrarca a Incisa in Valdarnohttps://www.facebook.com/events/457154940989242/.
Vi chiedo con il cuore aperto di essere presenti e di diffondere il più possibile l’invito allegato unito, se credete, a questo appello. Se siete troppo lontani per partecipare vi invito ad organizzare o partecipare ad eventi simili.
Qualcuno ne è stato toccato e infatti un ottimo frutto è stato anche questa intervista.
Ora c'è da sperare che i maschi riescano a superare timori e ritrosie, la paura di finire ad essere capro espiatorio, per imbarcarsi in questa avventura. Sono talmente convinta della necessità di intraprendere questo percorso di liberazione dalla violenza (e, prima ancora, di riconoscimento del dolore di ogni parte in causa) che ho pensato di avviare una cosa tipo “Madri di Plaza de Mayo”: un appuntamento mensile (settimanale non ce la faccio), stesso giorno, stesso luogo, stessa ora, in silenzio, con l'impegno ad accogliere col cuore aperto chi col cuore aperto arriverà, finché la maggior parte non saranno maschi, per lasciare loro la parola su di sé, sul proprio sentire. Eppure ci proverò, dovessi metterci cent'anni!
Intanto a Milano qualcosa si muove: 21 e 22 Nov 2012 - "Le parole non bastano. Donne e uomini contro la violenza maschile sulle donne". Il primo giorno di convegno, vabbè, dicono tutti che se non si sa cosa si muove in giro non se ne puo' parlare... Confido nel secondo giorno di discussione libera.
Commenti
Posta un commento