festa!

Ce l'ho fatta, finalmente ho trovato il giorno, il modo, il luogo e le persone per celebrare, per quanto in ritardo, il mio ingresso nel mondo femminile.
Anni fa l'avevo immaginato ammantato da una cornice di enfasi e forse anche di sacralità: mentore, accompagnatrici, un lavoro di preparazione condiviso, qualcosa di simile a ciò che oggi precede il matrimonio.
Per preparami mi ero posta una serie di domande sul femminile: per diventare donna bisogna staccarsi dalla propria madre? Bisogna staccarsi dall'unità infantile e scegliere consapevolmente l'essere femminile? Donna è tale anche senza un uomo? Quando e come si è pronte ad amare un altro oltre se stesse e a farne la metà mancante per tentare di ricostruire l'unità perduta? Donna è fertilità? Per essere donna bisogna avere figli? Donna è fisiologicamente diversa ma tutte le differenze sono determinate? Cosa c'e' di assolutamente distintivo ed essenziale nel femminile? Cosa va tenuto come un faro, qual'e' la fonte a cui tornare per ritrovare orgoglio e forza di riaffermare il proprio valore? Cosa vuol dire per una donna essere libera? Donna è incarnazione della bellezza? Donna è desiderio? Donna è devozione? Quale può essere il ruolo delle donne nella società e nella costruzione di un futuro sostenibile e accogliente? Qual'è il punto di vista femminile e sano della vita sessuale di una donna? Quanto conosco effettivamente il mio corpo?
Sì, ero senza fiato anch'io e lo sono tutt'ora a ripensarci, però mi dicevo che valeva la pena farsi tutte queste domande e anche trovare delle risposte che fossero le mie perché su queste si costruisse la mia identità di donna, quella con cui le mie figlie dovranno confrontarsi, e non voglio che sia qualcosa di inconsapevole o casuale.
Come ha scritto un prete (don Luca Buccheri): "E' necessario smarrirsi per ricordarsi del proprio futuro, per ritrovare la propria strada, per immaginarsi oltre le etichette o i ruoli assegnati; è salutare perdersi perché è la migliore garanzia per ritrovarsi".
Insomma mi ci sono voluti due anni e vari strumenti oltre i libri, gli incontri, i cerchi, le coincidenze, per costruire un minimo di base di partenza da cui procedere su un sentiero di approfondimento che va oltre le questioni di genere per dare semplicemente senso e serenità all'esistenza.
C'era però qualcosa di incompiuto; dando per acquisita quantomeno una maggiore consapevolezza di cosa e come voglio essere come donna e cosa voglio diventare come essere umano, mi mancava la celebrazione, il riconoscimento del valore della differenza.
Avevo chiesto compagnia varie volte senza ricevere risposta, o forse senza percepirla, comunque ad un certo punto mi dissi che quella di festeggiare da sola poteva essere una sorta di prova di iniziazione, un'occasione di visione e quindi decisi di fare così: buttarmi solitaria nel cerchio del tipì e affrontare il buio dentro e fuori di me.
Si vede che però non era il momento, altre tre donne mi hanno parlato del loro desiderio di celebrarsi e così abbiamo scelto la data: la luna nuova di Novembre. Nelle settimane precedenti ho immaginato un percorso comune, una proposta che ognuna fosse libera di scegliere di accettare o ignorare, che ha trovato forma in quattro libretti, dei colori che i nativi americani attribuiscono ai quattro elementi e ai quattro punti cardinali, con dentro qualcosa da fare, da leggere, da ridere, da scrivere, per cui ringraziare, spazi liberi, bellezza, accoglienza e preghiera.
Non so se sia stato utile a loro ma per me è stata una forte emozione e, di nuovo, una preparazione per il passaggio della mia piccina grande (e poi della piccina piccina).
La serata è stata piacevole, intima e calda come sempre nel tipì. Verso mezzanotte la legna per il fuoco era finita, ho preso la carriola e sono andata a prenderne altra e lì, davvero, ho sentito l'abbraccio di quel cielo pieno di stelle e ho compreso perché da sempre l'uomo non ha accettato l'idea che potessero essere indifferenti al suo destino.
Mi sono sentita piena di gratitudine e di ammirazione e ho cominciato a cantare.



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