è arrivato il silenzio
Ad un certo punto è arrivato il
silenzio, o meglio la voglia di silenzio. Da un color giallo crema
sono sprofondata in un blu profondo, come un tuffo alla ricerca del
fondo del mare, di quel punto in cui i colori cominciano a non
distinguersi più, ad essere tutto omogeneo e la luce del sole sta alle tue spalle, come
qualcosa che appartiene ad un mondo distante e separato.
E’ durato pochi giorni, poi è
arrivato il sangue e un dolore che non ritrovavo da anni e mi ha
riportato a quelle mattine a scuola in cui soffrivo in silenzio
accasciata sul banco cercando di essere il più presente possibile e
non di dare spazio a quella che vivevo come un’ingiustizia.
Anche in quella giornata ho cercato di
negare la mia natura e la mia debolezza, volevo a tutti i costi
mantenere la promessa fatta alle mie bambine: domani andremo a
comprare le scarpe nuove. Sono così rari i pomeriggi liberi. Ho
inghiottito il dolore che si affacciava e ho proseguito nel
programma. Era una delle prime giornate veramente fredde, ho pagato
il prezzo dell’incuranza e del mancato rispetto della mia natura
ciclica, e l’ho pagato salato, speriamo che sia l’ultima volta.
Il cambiamento nel colore delle mie
giornate è stato improvviso, con il buio è arrivata una sorta di
assenza, di mancanza di interesse, anche di scetticismo e di scarso
interesse per le attività, pensieri, emozioni, bisogni di chiunque,
me compresa. Era come se fossi entrata in un ambito esistenziale
sospeso, di attesa e poi di lutto: “anche questo uovo ha viaggiato
invano nella mia pancia, chissà come sarebbe stat* simpatic*”. Mi
capita di pensarlo tutti i mesi ultimamente, ma poi passa subito.
Ripensando a quelle giornate però mi accorgo che proprio il giorno
dell’arrivo del sangue, quello più doloroso, sono stata per caso
oggetto di una confidenza molto pesante che mi ha toccato
profondamente. Sono convinta che proprio il mio forte stato di
debolezza mi abbia reso, fortunatamente, impossibile procedere
secondo lo standard più diffuso: mi racconti le tue pene ti racconto
le mie e ti suggerisco la mia soluzione. Io per anni mi sono limitata
a suggerire la soluzione, strada comunque improduttiva ed eccelsa
dimostrazione di mancanza di ascolto ed empatia reale. Infatti non mi
raccontava mai niente nessuno.
Poi ho capito che le persone a cui
volevo bene volevano ascolto e non soluzioni e ho applicato la cosa
alla generalità degli esseri umani con cui entro in contatto e sono
felice di riuscirci tutte le volte che posso. Credo ci esserci
riuscita anche l’ultima volta, ma non è stato tutto merito mio.
Passato il dolore del sangue è
arrivato un nuovo entusiasmo, la voglia di uscire dal bozzolo, il
desiderio di vita, di gioia, di emozioni.
Mantengo l’attenzione ai colori e
alle emozioni del primo mese ma, come suggerito da Alexandra Pope nel
libro Mestruazioni, cercherò di accentuare l’attenzione sulle tre
fasi: Ovulazione, Premestruo e Mestruazione. Mi piace in particolare
l’idea di disegnare la mappa del sogno mestruale, su un cerchio
suddiviso in 28 spicchi scrivere le parole chiave che identificano il
mio modo di sentirmi in ogni fase del ciclo, cercando di "mettere in evidenza i caratteri distintivi di ciascun polo (ovulazione e mestruazione) che crea tensione dinamica"... mah...
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